DIFFERENZA TRA COUNSELING E PSICOTERAPIA

Il Counseling e la Psicoterapia sono interventi che potrebbero essere confusi poiché hanno aree comuni quali: gli aspetti relazionali, il “setting” e gli strumenti tecnici di base.

 

Essi differiscono per alcune variabili fondamentali, la più importante tra loro è che:

 

Il counseling è una relazione di aiuto, la psicoterapia è una relazione di cura.

 

Il counseling è un intervento non terapeutico che come obiettivo ha il raggiungimento della salute e del benessere dell’individuo. La psicoterapia è un  intervento di tipo terapeutico ed ha come obiettivo la guarigione attraverso un processo globale di crescita e di cura.

Il percorso di counseling si intraprende focalizzando l’attività sui processi di apprendimento mentre la psicoterapia focalizza la sua area di intervento sulle dinamiche inconsce.

Il counseling si occupa in prevalenza di problemi interpersonali o sociali della persona, limitati e specifici all’area del conflitto che li ha messi in evidenza e li ha scatenati come ad esempio una separazione, una malattia, un lutto ecc. La psicoterapia si occupa di disturbi psicopatologici di diversa gravità che possono manifestarsi in sintomi nevrotici o psicotici, tali da nuocere al benessere di una persona causando fattiva disabilità.

Il counseling si basa su una relazione di aiuto paritaria ed ha come obiettivo il miglioramento della qualità di vita del cliente, di cui sostiene i punti di forza e le capacità di autodeterminazione. Da un punto di vista metodologico il counseling è un intervento professionale breve, articolato in un numero limitato di colloqui che implica la definizione di un obiettivo in concreto e la contestualizzazione spazio-temporale della relazione counselor-cliente. Le attività tipiche del counseling non considerano l’eventuale patologia del paziente, ma consentono al cliente di esternare i propri disagi, mettere in discussione le proprie emozioni, individuare problemi attuali da considerare transitori.

 

La psicoterapia instaura invece una relazione che prevede un medico che fa la diagnosi e un paziente che vi si sottopone ed ha come obiettivo la cura. Il paziente si affida alle cure di un terapeuta che lo aiuta a comprendere dinamiche interiori, a lui spesso sconosciute, che determinano il disagio personale che sta condizionando la sua esistenza. La psicoterapia cerca dunque la fonte del disturbo psichico per favorirne la guarigione e implica un lavoro di ristrutturazione profondo dell’intimo della persona. L’intervento che si attua è delicato e complesso, volto a riarmonizzare le basi della personalità. Può richiedere molto tempo, a volte anni. Obiettivo finale della psicoterapia è la risoluzione del sintomo o del disagio e il conseguimento del benessere psicologico. La relazione terapeutica è un processo interpersonale di aiuto specifico e pianificato, volto a curare patologie gravi, disturbi del comportamento e situazioni di sofferenza emotiva e relazionale, attraverso strumenti prettamente psicologici, verbali e non.

Nella psicoterapia la relazione tra paziente e terapeuta è, rispetto al counselor, asimmetrica poiché avviene da parte del terapeuta, una vera e propria presa in carico del paziente di cui si sente più responsabile. La durata di questo intervento non è prevedibile in quanto subordinata alle variabili che si manifestano durante la terapia: resistenze che rallentano il processo di guarigione, la scoperta di traumi che richiedono l’apertura di nuovi spazi d’indagine etc… . Le conclusioni del rapporto sono generalmente affidate al paziente ma può succedere che il terapeuta valuti non opportuna la richiesta di chiusura della terapia e ne riveda i termini.

 

Lo psicoterapeuta è un professionista della salute mentale che si occupa di diagnosi e cura della sofferenza psicologica, di tutti quei disturbi o di quei sintomi che danneggiano o penalizzano la vita di una persona.

 

Il counselor è una figura professionale di sostegno in grado di favorire la soluzione di disagi esistenziali che non comportino una ristrutturazione profonda della personalità.

Pur mantenendo un ascolto attivo rispetto al cliente, non elargisce consigli, ma offre competenza e comprensione. Nel caso in cui dovesse verificarsi da parte del cliente un avanzare eccessivo di pretese rispetto al ruolo del counselor, egli dovrà respingerlo immediatamente nel rispetto dei principi di base secondo i quali opera ai fini di evitare il sopraggiungere del “transfert”. Nel tentativo di esplicitare al meglio questo concetto tenterò di fornire alcuni dettagli relativi a “tranfert” e “controtranfert”.

Transfert e controtransfert sono concetti tipici della psicanalisi e sono il risultato di una prima riflessione di Freud sul rapporto umano che si viene a creare tra paziente e analista. Questi fenomeni da una parte condizionano l’andamento della terapia, dall’altra sono un’importante finestra sulla vita emotiva e sociale del paziente stesso grazie alla quale si possono ottenere svariate informazioni in modo diretto. Il counseling ne evita l’utilizzo.

Il transfert è un fenomeno tipico della relazione tra paziente e terapeuta, basato sulla convinzione che i rapporti importanti dell’infanzia caratterizzino tutte le relazioni a venire. Nello specifico il transfert influisce sulle aspettative che si hanno rispetto all’altro e porta a rivivere i sentimenti e le emozioni tipiche del rapporto avuto con le figure genitoriali. Non è un fenomeno esclusivo della terapia ma può riversarsi in ogni relazione tra persone che giochino un ruolo importante nella vita di un individuo. L’aspetto opposto del transfert è il controtransfert, vera innovazione e grande svolta nella riflessione sulla terapia, in quanto fa riferimento al coinvolgimento emotivo che il terapeuta prova nei confronti del paziente, al di là della propria veste medica.

L’obiettivo che il counseling si pone è di tipo adattivo, e non contempla finalità di modificazione strutturale come nel caso della Psicoterapia che si occupa della cura di disturbi psicopatologici di diversa gravità che possono manifestarsi in sintomi nevrotici oppure psicotici, tali da nuocere al benessere di una persona fino ad ostacolarne l’evoluzione e causando fattiva disabilità. Lo scopo primario della terapia è strutturale e volge a modificare pensieri, sentimenti e comportamenti pregiudicanti rispetto alla vita. Sia nel counseling che in psicoterapia non si offrono soluzioni ai problemi (problem solving).

Psicoterapia Counseling
 

Disagio/Sofferenza psichica

 

Problemi interpersonali limitati e specifici all’area del conflitto

 

Disordini patologici dovuti a Disturbo strutturale di personalità e riparazione di strutture di gravi disturbi (patologia)

 

Ambivalenza, stress, scelte e decisioni difficili da compiere (difficoltà)
 

Fattori interni

 

 

Fattori esterni

 

Tempi più lunghi

 

 

Tempi più brevi

 

Complessità del funzionamento intrapsichico, impegno intensivo

 

Crescita, prevenzione e sviluppo della personalità, questioni educative e di orientamento vocazionale

 

 

 

Cliente e paziente: la differenza

In principio il termine fu mutuato dalla pratica medica e si considerò normale e ovvio utilizzare la definizione di paziente. La parola deriva dal latino patiens, significa “sofferente” o “che sopporta”. Colui che arriva dallo psicologo è sofferente/sopporta e logica vuole che, se arriva a chiedere un aiuto professionale, è realmente portatore di un disagio consapevolizzato.

In italiano corrente la pazienza può riguardare appunto una sopportazione in cui si controlla la propria emotività, considerando ciò quasi una qualità. Non necessariamente però chi usufruisce di un aiuto psicologico deve “pazientare” ossia non necessariamente deve controllare la sua emotività o sopportare una sofferenza per rendersi virtuoso, anzi sappiamo bene che spesso si lavora in una direzione contraria a questo.

Il primo a criticare apertamente l’utilizzo della parola paziente è stato Carl Rogers che ha preferito sostituirla con la parola cliente. Rogers ha avuto il merito di evidenziare i limiti impliciti nel termine paziente con la conseguenza diretta di bandirlo completamente dal suo approccio perché non congruente con la sua visione della relazione terapeutica. Il termine cliente ha una accezione sicuramente più attiva e di maggiore assunzione di responsabilità da parte di chi richiede un aiuto professionale per un disagio mentale. Non sono “succube di un trattamento su cui non ho alcun controllo”, ma partecipo attivamente al trattamento di cui ho sentito la necessità. Indiscutibile il merito di Rogers di aver criticato la visione dominante della terminologia classica.

Nella psicoterapia il paziente chiede aiuto per la sua sofferenza psicopatologica: si sa e si sente malato. Confida, esplora, chiarifica, confronta le sue difficoltà. Regredisce per ricostruire e rielaborare il passato. Il cliente ha una posizione ben più attiva. Nel counseling, e’ colui che sceglie di chiedere aiuto, sostegno, orientamento di carattere pratico e con la consapevolezza di avere un obiettivo da raggiungere.